Francis Lucille - “ETERNITA’ ORA” - IL SENTIERO DIRETTO

Francis Lucille

D.: Quando sperimentiamo l’illuminazione, siamo consapevoli delle nostre incarnazioni passate? E’ questo ciò che intendono i maestri Ch’an quando parlano del vedere il nostro volto originale?

R.: Colui che “sperimenta” l’illuminazione non è un’entità limitata, presumibilmente soggetta alla reincarnazione. C’è solo una luce, una consapevolezza nella quale tutti i tempi, tutti i mondi e tutte le incarnazioni esistono, in una simultaneità senza tempo al di fuori della portata della mente seriale. Di fatto, nessuno sperimenta l’illuminazione, poiché essa è un’esperienza non-oggettiva, in assenza di un’entità personale. Si può dire che, in questa non-esperienza, il nostro volto originale veda sé stesso; lì, tutte le domande trovano la loro risposta Ultima.

D.: Se c’è una fine dell’ignoranza, deve essercene anche un inizio. Come può quindi essere “senza inizio”? Se c’è un inizio della delusione, come posso essere certo che non ricomincerà ancora, dopo essere finita?

R.: Ogni cosa che ha un inizio ed una fine, ha origine da, esiste in e si fonde in questo sottofondo senza tempo della consapevolezza. Anche se ogni cosa sembra avere un inizio ed una fine nel tempo, un’indagine approfondita rivelerà che in realtà ogni cosa, incluse le nozioni del tempo e dello spazio, ha la sua origine e la sua fine nella nostra essenza senza tempo: la consapevolezza, il nostro vero “Io”. Avendo la sua origine e la sua fine nella coscienza, una tale “cosa” non è diversa dalla consapevolezza. La sua sostanza è consapevolezza, proprio come l’oro è la vera natura di un anello. Ne consegue che ogni cosa è pura coscienza, puro essere, pura beatitudine. Il tempo e tutti gli altri oggetti, in quanto tali, sono illusioni. Essi prendono in prestito la loro realtà dalla coscienza, ma non hanno un’esistenza indipendente e quindi non hanno né inizio né fine nel tempo.

Quando parli di delusione, presupponi, implicitamente, che ci sia una persona che viene delusa e che si illuminerà ad un certo punto nel futuro. Se indagherai seriamente a riguardo di questa entità personale, scoprirai che si tratta semplicemente di un oggetto percepito, fatto di pensieri e di sensazioni fisiche, soggetto ad apparire e scomparire, totalmente distinto dal sé permanente che tu, intuitivamente, sai di essere. Dunque, chi era soggetto alla delusione? Non può assolutamente essere la consapevolezza, il tuo vero sé, la verità Ultima; ma, d’altra parte, non può assolutamente essere neppure un’entità personale, perché una tale entità è un oggetto percepito che, essendo senza vita e non senziente, non può rimanere deluso. Quando ciò viene compreso, allora diventa chiaro che nessuno è mai stato deluso. Se nessuno è mai stato deluso, allora nessuno sarà, né potrà mai essere, liberato dall’ignoranza. Così, il fatto di rimanere delusi non può sorgere a quel livello. La tua domanda è posta dal livello illusorio di un ego. Essa presuppone che l’ego, che è esso stesso delusione e origine di tutte le delusioni, potrà essere, un giorno, liberato dall’ignoranza. E’ l’ignoranza che gioca con il pensiero di potersi liberare dell’ignoranza e che poi si preoccupa e teme di potervi ricadere.

D.: Continuo a pensare all’illuminazione e a chiedermi se sia o no uno stato senza forma. Quando hai detto, qualche giorno fa, che tutte le limitazioni sono percepite, immediatamente ho visto che è vero. Ho capito che qualunque convinzione io possa avere a riguardo dell’illuminazione, essa è, semplicemente, un’altra limitazione.

R.: Sì, la tua convinzione che l’illuminazione sia senza forma, è una limitazione sovrapposta a ciò che tu sei. Quando cerchi di immaginare la felicità o la verità, prima cerchi di vederla come un oggetto, grossolano o sottile, profano o sacro. Quindi, ad un certo punto, cominci a pensare che non è un oggetto, allora cerchi di immaginarlo come un non-oggetto, un vuoto ed arrivi ad uno stato di vuoto che normalmente non puoi mantenere(alcuni yogi possono). Questo stato non è lo splendore, la certezza, la beatitudine che stai cercando. Questo stato di vuoto è spesso un enigma per il ricercatore della verità, che non può, solo con i propri sforzi, andarvi oltre. Per fare questo, è necessaria, nella maggior parte dei casi, la presenza fisica di un istruttore. Questo stato di vuoto è ancora un oggetto. Per poter andare oltre questo stato, la mente deve comprendere che l’illuminazione è totalmente al di fuori della sua portata. Quando ciò viene compreso, la mente, spontaneamente, si acquieta, perché non ha più nessun posto dove andare. Questo acquietarsi della mente, spontaneo e senza sforzo, è “puro accogliere”. In questa apertura c’è l’opportunità di essere coscientemente ciò che sei.

D.: Questa mia costante ricerca della verità è spinta avanti dall’ego?

R.: Io sento che tu sei seriamente interessato alla verità, che la ricerca per il tuo vero essere è l’attività più importante della tua vita. Non intendo dire che tu non sei interessato ad altri aspetti della vita, ma piuttosto che il tuo amore per la verità Ultima è diventato l’asse attorno al quale ruota ogni altra cosa. Se ti venisse detto che ti restano soltanto pochi giorni da vivere, sono sicuro che la domanda principale nella tua mente riguarderebbe la verità Ultima. Ciò dovrebbe renderti chiaro dove risiede il centro gravitazionale dei tuoi desideri. Un tale desiderio, una tale ricerca così scrupolosa/dedicata?, non deriva dall’ego ma dalla verità stessa. Tu puoi anche accorgerti di sperimentare un assaggio di beatitudine senza causa, quando ti abbandoni al desiderio della verità attraverso la ricerca, cercando nuovi libri, incontrando amici spirituali. Perciò, ti suggerisco di riconoscere il tuo amore per la comprensione, di prenderlo come guida e di abbandonartici ogniqualvolta esso ti inviti. Sappi, con totale certezza, che le azioni che ne provengono non sono prodotte dall’ego, come lo sono invece le paure, le preoccupazioni e i dubbi che sorgono dalla nozione di essere un’entità separata.

La tua ricerca della verità dovrebbe essere totalmente priva di preconcetti, libera da qualunque credenza, o da qualsiasi attaccamento intellettuale ad una specifica religione o filosofia. Dovrebbe essere basata solamente sul tuo sentimento intimo di armonia, comprensione e devozione. Contempla la tua innata bellezza, intelligenza e amore, quando spontaneamente sei toccato da un tramonto maestoso, da uno scritto che indirizza direttamente alla verità, da un incontro con un amico che è libero dalla nozione di essere un’entità personale, o più generalmente da una qualunque situazione della tua vita. In questo modo, la tua ricerca rimane viva, innocente e senza sforzo. Ciò ti condurrà inesorabilmente e gioiosamente a quel sottofondo che è la meta comune della religione e della filosofia.

D.: Il sentiero diretto consiste nel continuare con la vita quotidiana mentre si aspetta la grazia?

R.: Noi non dobbiamo continuare nulla. La vita perpetua sé stessa, da sola, senza il nostro intervento. Ogni cosa che ci arriva inaspettatamente è grazia. Perché aspettarla? Perché posporla? Perché mancare di accoglierla? Semplicemente, sii aperto alla possibilità che qualunque cosa ti stia portando l’attimo presente, è un dono della grazia. Questo è il sentiero diretto.

D.: Comprendo che noi dobbiamo essere già la realtà ultima, ma questa conoscenza è coperta dall’ignoranza.

R.: Sì. Il tuo uso della parola “dobbiamo” implica il fatto che stai traendo una deduzione logica, che mostra che la comprensione alla quale ti stai riferendo, cioè che noi siamo già la realtà ultima, è intellettuale. Ciò nonostante, questa comprensione concettuale lascia aperta la possibilità che questo sia effettivamente così; che noi siamo l’assoluto, l’Uno senza secondo. Se è così, ciò che siamo veramente sta, ovviamente, al di là della portata della nostra mente limitata. Quando vediamo che la mente, nonostante tutte le sue abilità, è assolutamente incapace di comprendere la verità per la quale stiamo lottando, tutto lo sforzo per raggiungere l’illuminazione cessa, naturalmente. Questa mancanza di sforzo è la soglia della reale comprensione al di là di tutti i limiti.

D.: Stai dicendo che i sentieri graduali, come per esempio il sentiero della comprensione(Jnana Yoga), della giusta azione(Karma Yoga), della devozione al Divino o all’insegnante spirituale (Bhakti Yoga), sono sbagliati?

R.: Quando comprendi la verità rivelata nelle scritture, dov’è l’ignoranza? Quando vedi le cose come davvero sono, dov’è l’illusione? Quando agisci spontaneamente in accordo con questa vera comprensione, semplicemente rispondendo al bisogno, dov’è colui che agisce? Quando, abbandonandoti alla chiara intelligenza, all’umiltà genuina ed alle altre qualità divine del tuo istruttore, tu abbandoni i tuoi limiti ultimi e ti immergi nel mare d’amore che lo circonda, dov’è il devoto? Dov’è l’insegnante? Ora quindi, se non ci sono né ignoranza, né delusione, né colui che fa, né devoto, né istruttore, chi sta camminando sul sentiero graduale? Chi si sta sbagliando? Chi sta rivendicando qualcosa? Chi sta facendo le domande?

D.: Non è forse legittimo usare il termine “persona illuminata” quando ci si riferisce a qualcuno dal quale è stata rimossa l’ignoranza? Se è così, questa rimozione non è forse avvenuta ad un certo punto specifico nel tempo?

R.: Illuminazione è la comprensione assoluta che tu non sei una persona . Quando questo viene compreso, c’è forse ancora una persona dalla quale l’ignoranza è stata rimossa? Illuminazione è anche rendersi conto che il tempo è un’illusione. Quando questo viene capito/realizzato?, c’è forse un punto specifico nel tempo che può essere identificato come quello in cui è avvenuta questa realizzazione?

Queste risposte possono sembrarti intellettuali. Tuttavia, ti assicuro che sono semplicemente oneste e dirette e che ti portano direttamente alla verità. Io sono riluttante ad usare il termine “persona illuminata” perché ciò implica la credenza che un’entità personale possa raggiungere l’illuminazione. Quando pensi ad un bell’essere umano, uno che puoi chiamare “illuminato”, la sua (di lei o di lui) illuminazione ha origine dall’assenza dell’idea di essere qualunque cosa che sia oggettiva. Dal punto di vista della luce, cioè, in assenza di una tale nozione, nessuno è illuminato e nessuno è non-illuminato, ogni cosa è luce. Il sentiero diretto consiste nell’assumere questo punto di vista e nel rimanervi, coraggiosamente. In altre parole, comprendendo che tu non sei un’entità limitata e sentendo e vivendo in accordo con questa comprensione. Anche se questa posizione potrà sembrare inusuale all’inizio, presto scoprirai che questa è la porta che conduce al perfetto modo di vivere , proprio come un giocatore di tennis, al quale è stata insegnata la presa corretta per il rovescio, realizza, dopo una serie di colpi, che questo nuovo modo di tenere la racchetta offre la possibilità di colpire la palla quasi senza sforzo, con una maggiore potenza e precisione.

D.: Anche se so di essere già quello che sto cercando, i pensieri sembrano ancora impedirmi di vivere veramente nel momento presente. Come posso liberare me stesso dal pensare?

R.: Ci sono tre tipi di pensiero:

Pensieri pratici, utili nel condurre i nostri affari oppure la nostra vita quotidiana. Per esempio ”devo fare benzina”. Questi tipi di pensieri non dovrebbero essere repressi. Una volta che è stata data loro la giusta considerazione e sono stati fatti i passi richiesti, essi ci lasciano spontaneamente.

Pensieri collegati all’Ultimo, alla nostra comprensione della prospettiva non-duale come: ”Io sono già quello che sto cercando”. Questi pensieri vengono dall’Ultimo. Se li accogliamo, essi purificano la mente dal suo condizionamento dualistico ed alla fine ci riportano alla loro sorgente. Essi portano chiarezza e presagiscono la beatitudine che è già inerente alla nostra vera natura.

Pensieri collegati alla nozione di essere un’entità personale, come: desideri, paure, dubbi, sogni ad occhi aperti ed altri tipi di?????????_più desideri????_pensiero, come ad esempio??????????????????????prendere i desideri per realtà. Alcuni pensieri di questo terzo tipo appaiono innocui e sono difficili da riconoscere all’inizio. Una forte emozione che produce sofferenza e disarmonia, come ad esempio gelosia o paura, può essere facilmente riconosciuta. D’altra parte, capita di indulgere per un po’ in pensieri piacevoli, senza accorgersene, come ad esempio immaginarsi in vacanza sulle spiagge della riviera francese.

E’ un errore comune considerare qualunque tipo di pensiero, un ostacolo alla realizzazione del sé. Soltanto i pensieri della terza categoria sono d’ostacolo ad essere consapevolmente l’assoluto.

Ci sono due modi per trattare questi pensieri quando sorgono:

se noi crediamo ancora di essere un’entità personale limitata e notiamo un tale pensiero, dovremmo cercare di trovare la sua sorgente, l’ego. Quando cerchiamo di catturarlo, esso svanisce ed allora sperimentiamo la nostra innata libertà per ciò che sembra essere un momento molto breve. Questa occhiata alla verità ci rivela che non siamo un’entità personale. Occhiate ripetute rinforzano questa rivelazione fino a quando essa diviene una convinzione.

Una volta che siamo convinti di non essere un’entità personale, i pensieri del terzo tipo continuano, di solito, a ritornare per un po’ di tempo per abitudine, proprio come l’inerzia continua a tenere in moto un motore elettrico anche dopo che la spina è stata staccata. In questo caso, non c’è bisogno di indagare sull’origine di quei pensieri. Possiamo, semplicemente, abbandonarli appena li notiamo.

D.: Sri Ramakrishna una volta ha detto: “Quando si pela/sbuccia??? completamente una cipolla, tutti gli strati vengono rimossi e non rimane nulla. Allo stesso modo, quando si analizza l’ego non si trova nessun’entità. Sfortunatamente, io ho ancora alcuni strati da rimuovere!”

R.: Quest’ultima frase è un tipico pensiero del terzo tipo. Goditi i tuoi pensieri sull’Ultimo e la pace che viene con essi.

D.: Hai detto che il “sognare ad occhi aperti” è sempre negativo perché ci porta lontano dal presente e ci porta nella dualità. Tuttavia, ciò può anche essere creativo come è stato per Kekule che ha scoperto la struttura dell’anello benzenico proprio durante un “sogno ad occhi aperti”.

R.: Questo non è un esempio di “sognare ad occhi aperti”, bensì di uno stato meditativo nel quale il processo del pensare è totalmente libero di evolvere e di esplorare tutte le possibilità. Si può sperimentare questo stato creativo durante la transizione tra il sonno e lo stato di veglia, un momento di transizione durante il quale la volontà è di solito debole. Ci sono molti esempi di scoperte creative o momenti ispirati, di questo tipo, nell’arte e nella scienza. In questo stato non è coinvolta nessuna nozione di entità personale. Noi siamo il testimone di un libero processo di pensiero che si evolve attraverso la visualizzazione e la rappresentazione nello spazio. Questi pensieri diventano sempre più sottili, fino a quando alla fine si dissolvono nell’intelligenza, nell’essere e nella felicità. Uscendo da questa non- esperienza, lo scienziato o il filosofo dicono ”Capisco”, l’artista è ispirato a scrivere un poema o una sinfonia e la persona ordinaria trova la soluzione ad un problema della vita quotidiana che lo assillava.

Questo stato meditativo può sembrare, all’inizio, uno stato di sogno, perché gli oggetti che sono presenti nella coscienza in quel momento, sono di una qualità sottile: essi sono immagini mentali e pensieri, non percezioni di sensazioni esterne come avviene nello stato di veglia. Ciò che rende meditativo questo stato, è l’assenza di una persona. Il soggetto DI questo stato non è presente IN questo stato come persona che agisce, gioisce e soffre. Il soggetto è il puro testimone. Questo stato ci fornisce un naturale punto d’entrata nella meditazione. Quando ci svegliamo, questo stato transitorio, spesso, è ancora presente. Invece di lasciare che le preoccupazioni collegate agli oggetti dello stato di veglia, gradualmente, prendano possesso della nostra mente, possiamo permettere che la fragranza dello stato transitorio pervada anche lo stato di veglia. In altre parole, se rimaniamo nel ricordo della pace e della libertà del sonno profondo, fino a quando questa pace ci accoglie, diventerà sempre più chiaro che lo stato di veglia letteralmente ”si sveglia in noi” e non che noi ci svegliamo in esso, come si è sempre pensato. Dopo un po’, sentiremo la presenza continua di quel sottofondo di pace durante le nostre attività quotidiane.

Invece, il “sogno ad occhi aperti” è un tipo di attività mentale attraverso la quale l’entità personale fugge da una situazione della sua vita che è “noiosa” oppure ”dolorosa” e proietta sé stessa in un sottile mondo immaginario. Questo tipo di pensiero normalmente non viene notato perché, diversamente dalle altre forme di pensiero ed emozione egoistici, come ad esempio la collera, l’odio, la gelosia, l’invidia o l’avidità, non sembra disturbare l’armonia sociale, né causare alcuna sofferenza psicologica. Dopotutto, considerarsi una persona, è cosa ben accetta ed incoraggiata nella nostra società occidentale ed il “sognare ad occhi aperti” viene considerato innocuo. Per queste ragioni, questa attività è un naturale nascondiglio per l’ego ed ogni serio ricercatore della verità dovrebbe essere consapevole di questo problema.

D.: Quando la mia mente si acquieta durante la meditazione, sono ancora consapevole delle percezioni dei sensi. Come si collega questo alla storia del costruttore di frecce, la cui attenzione era così totale da non essere consapevole nemmeno del corteo nuziale del re che gli stava passando accanto? La mia meditazione è forse incorretta?

R.: Ci sono due tipi di meditazione: meditazione con un oggetto e meditazione non-oggettiva (oppure non-duale).

Il primo tipo di meditazione richiede che l’attenzione venga focalizzata su un oggetto specifico, grossolano o sottile, come una statua o un’immagine mentale del divino, varie sensazioni del corpo, una serie di suoni sacri oppure un concetto. In questo procedimento, è necessario uno sforzo per spostare la nostra attenzione dagli abituali oggetti del desiderio e, se fatto con successo, dà l’impressione che l’ego si sia indebolito. La mente è focalizzata sull’oggetto e si sperimenta una tranquillità, un’assenza di pensieri o di emozioni, a parte quelli che si riferiscono all’oggetto della meditazione, anche alla presenza del re che passa con il suo corteo nuziale. Tuttavia, il samadhi che viene sperimentato è uno stato creato dalla mente, che ha un inizio ed una fine. Prima o poi, lo yogi dovrà uscire dal samadhi. Sfortunatamente, l’ego è ancora presente con tutto il suo seguito di desideri, paure e dolori.

Una forma speciale di meditazione con un oggetto è quella nella quale l’oggetto è un vuoto od un’assenza. In questo procedimento, ci si sforza per mantenere la mente libera da pensieri o sensazioni. A volte, per realizzare questo scopo, viene usato uno strumento, come la ripetizione di una formula sacra o una qualche forma di controllo del respiro. Come in ogni tipo di meditazione con un oggetto, può succedere che ci sia un temporaneo indebolimento dell’ego e che la mente sperimenti, per un po’ di tempo, uno stato di vuoto, un’assenza di pensieri e di sensazioni, o semplicemente un’assenza di pensieri, a seconda della profondità e della natura dell’esperienza. Tuttavia, anche questo è uno stato creato dalla mente, che ha un inizio ed una fine. Questa forma di meditazione viene spesso erroneamente considerata una meditazione non-oggettiva. Non è così, perché l’assenza di oggetti (sensazioni e pensieri) è ancora una proiezione di un oggetto molto sottile. Nonostante questo stato possa, temporaneamente, portare qualche tipo di soddisfazione e, addirittura, liberare qualche potere della mente, alla fine risulta sterile. Il meditante rimane all’interno della prigione della mente e la pienezza del cuore gli rimane sconosciuta. Questo stato è privo della libertà assoluta, della gioia creativa e della splendida immortalità dello stato naturale non-duale.

Nella meditazione non-oggettiva, la nostra attenzione è portata verso il non-oggettivo, il soggetto ultimo, la coscienza. Ciò avviene in modo spontaneo, come risultato della comprensione. All’inizio, al ricercatore della verità viene chiesto di notare che la felicità che veramente sta cercando, la beatitudine senza causa che sperimenta alla presenza del suo insegnante, è non-oggettiva, cioè ” non contenuta in nessun oggetto, né grossolano né sottile”. Quando ciò viene compreso, la mente, che può afferrare solo attività mentali (pensieri e percezioni dei sensi), realizza di non poter avere accesso al regno non- oggettivo; realizza che ogni sforzo per assicurarsi la felicità attraverso la mente è destinato a fallire . Come risultato, presto, la mente si ritrova in uno stato naturale di tranquillità. In questa forma naturale di meditazione, le sensazioni o i pensieri non sono né cercati né evitati; essi sono semplicemente accolti e visti mentre se ne vanno. Ciò può essere descritto come una totale apertura, nella quale siamo totalmente aperti alle nostre percezioni dei sensi, alle sensazioni del corpo, alle emozioni, ai sentimenti e ai pensieri.

Possiamo paragonare queste attività mentali ai diversi personaggi di una commedia. Fino a quando troviamo interessante la commedia, la nostra attenzione viene completamente assorbita dagli attori in primo piano. Ma, se c’è un momento inconsistente, la nostra attenzione progressivamente si rilassa fino a quando improvvisamente diventiamo consapevoli del sottofondo, del palco. Allo stesso modo, mano a mano che la nostra attenzione si rilassa e diventa globale, non focalizzata, aperta e disinteressata (questo distacco deriva dal nostro comprendere che queste attività mentali non hanno davvero nulla da offrire in termini di reale felicità), diventiamo improvvisamente consapevoli del sottofondo della coscienza, che viene rivelato essere l’immortalità, lo splendore e la felicità ultimi, che stavamo cercando.

Non è necessario che gli attori lascino il palco, perché diventiamo consapevoli del sottofondo del set. Allo stesso modo, l’assenza di attività mentali non è un prerequisito per riconoscere il nostro vero sé. Tuttavia, quando gli attori se ne vanno e la nostra attenzione si rilassa, abbiamo un’opportunità di essere consapevoli del sottofondo. Allo stesso modo, abbiamo l’opportunità di sperimentare consapevolmente la nostra vera natura quando un’attività mentale si fonde con la coscienza.

L’atteggiamento dell’accogliere, che è l’essenza della meditazione non-oggettiva, si trasmette facilmente ed in modo naturale ad un sincero ricercatore della verità, per “induzione”, alla presenza di qualcuno che si è fuso con il sottofondo.

D.: Tu presupponi che ogni sentiero graduale sia spinto dall’ego. Dovrei smettere di meditare due volte al giorno?

R.: Non vi è nulla di sbagliato nel meditare due volte al giorno. Al contrario, ti consiglio di sederti nella tranquillità due volte al giorno, preferibilmente prima di andare a dormire e appena ti svegli. Ora, la domanda è, cosa significa sedersi nella tranquillità? Significa sedersi liberi da pensieri dualizzanti; sedersi nell’essere; nel non-fare, non nel divenire, non nell’ottenere qualcosa. Quando la nozione di una persona sorge, una persona che cerca di raggiungere qualcosa, come diventare primo ministro o un essere umano realizzato, semplicemente siine consapevole, notala. Non cercare di eliminarla, non giudicare te stesso. E’ semplicemente un’abitudine ricorrente che, se lasciata sola, perderà il suo carattere velenoso. Nel momento in cui viene notata, viene neutralizzata.

Sii consapevole della paura, del desiderio e della noia, quando sorgono. Non cercare di sfuggirli. Accoglili e dà loro la possibilità di dispiegarsi alla tua presenza amorevole. Nota che questi sentimenti hanno degli aspetti simili ai pensieri ed alle sensazioni che sono collegati alla nozione di essere una persona. L’aspetto simile al pensiero può essere trattato rapidamente, chiedendosi: ”Chi ha paura? A chi manca qualcosa? Chi si sta annoiando?”. Bisognerebbe dare spazio alle sensazioni del corpo e dar loro il tempo di evolvere, di svelarsi e di raccontare la propria storia. Non cercare di liberartene e neppure di mantenerle. Semplicemente accoglile e guardale mentre se ne vanno. In questo modo, la tua attenzione viene rimossa dal regno dell’oggetto e, spontaneamente, viene trasferita alla tua reale natura. E’ l’unico modo per facilitare questo trasferimento, perché la mente non può focalizzarsi direttamente su qualcosa che è al di là della mente stessa. Ogni tentativo in questo senso, ci legherebbe al regno soggetto-oggetto e sarebbe, quindi, destinato a fallire.

D.: Al momento, non riesco a realizzare la verità. Ciò significa che non sono realizzato?

R.: C’è soltanto la verità. Come facciamo a non vederla dal momento che c’è solo lei? Qualunque cosa sia conosciuta al momento, nell’adesso senza tempo, è la verità. Il conoscitore, il conosciuto ed il processo del conoscere sono una cosa sola e questa unità è la verità vivente. Un secondo più tardi, un nuovo pensiero sorge e dice”Io ho appena conosciuto questo o quello” e questo nuovo pensiero degrada la verità non-duale al rango di “questo”oppure “quello”, un oggetto conosciuto da un soggetto limitato, l’entità personale. Anche questo nuovo pensiero è la verità. Non c’è pensatore di questo pensiero nell’adesso. Il pensiero, colui che lo pensa ed il processo del pensare sono uno, come sempre. Non abbiamo mai lasciato l’adesso. Come potremmo mai farlo?

Ugualmente senza significato, come il concetto di “persona realizzata”, è il concetto di “persona non realizzata”. Se pensi di essere “non-realizzato”, questo implica il fatto che non sai cos’è la realizzazione. Se non sai cos’è la realizzazione, come fai a sapere di non essere realizzato? Potresti scoprire di essere sempre stato realizzato e come un uomo sposato con due mogli, una divina ed immortale e l’altra umana e mortale, vivi simultaneamente su due livelli: sul livello relativo delle relazioni soggetto-oggetto e sul livello assoluto e senza tempo della coscienza pura, non-duale. Nel frattempo, non indulgere in pensieri dualizzanti, come “realizzato” e “non realizzato”. Liberati, una volta per tutte, di questi concetti sbagliati che hanno origine dalla falsa nozione di essere un’entità personale e non permettere loro di riaffacciarsi nella tua mente . Questo atteggiamento potrebbe essere chiamato “vivere in accordo con la propria comprensione profonda”.

D.: Cosa implica il “sentiero diretto” che tu descrivi?

R.: Sentiero diretto significa comprensione diretta ed il coraggio di agire in accordo a questa comprensione. Non hai bisogno di comprendere ogni cosa che viene detta qui. Comincia con quello che capisci direttamente, non con quello che semplicemente credi. Comincia con quello con cui ti senti profondamente in accordo e vivi in accordo ad esso.

D.: Il sonno profondo non è forse un ritorno del mio ego al grembo nel quale può nascondersi dalla realtà della vita?

R.: Parlare del tuo ego in questo modo presuppone che tu conosca quel tuo ego “che ritorna nel grembo ogni notte”. Tu presupponi che il tuo ego sia un oggetto del quale tu sei il testimone oppure il conoscitore. Conosci il conoscitore del tuo ego? Prova a capire da te stesso se questo conoscitore ritorna mai nel grembo per dormire, oppure se questo conoscitore è il grembo, sempre presente ed eternamente consapevole, di tutte le apparizioni e di tutte le sparizioni.

D.: La tranquillità che noi sperimentiamo occasionalmente fra due attività mentali nello stato di veglia è totalmente consapevole, mentre il sonno profondo sembra ( ovviamente visto dallo stato di veglia) un’assenza di una tale consapevolezza. Come possono essere identiche queste due esperienze?

R.: Ammetti di parlare del sonno profondo, come esso appare dal punto di vista dello stato di veglia. In altre parole, ti riferisci allo stato di sonno profondo piuttosto che al sonno profondo come viene sperimentato soggettivamente. Dal tuo punto di vista, quello che dici è vero. La tranquillità soggettiva tra due attività mentali, che la tradizione indiana chiama “Turya”, la realtà Ultima, è viva e consapevole, mentre lo stato di sonno profondo, interpretato come puro vuoto o nulla, è morto ed inconsapevole. Tuttavia, lo è altrettanto la tranquillità fra le attività mentali quando è vista, dal punto di vista della mente, come uno stato di vuoto oppure un nulla oggettivo. Avendo intravisto la consapevolezza e la vivacità dell’intervallo fra le attività mentali, siamo aperti alla consapevolezza ed alla vivacità del sonno profondo, anch’esso un intervallo fra due attività mentali. L’ego non è presente in questa tranquillità e non la desidera. Esso vuole mantenere la propria esistenza attraverso il dinamismo della mente. Quando questo dinamismo si ferma, la verità viene rivelata nell’assenza dell’ego. L’inutilità dell’ego diventa evidente, proprio come l’assenza temporanea di un impiegato incompetente, pigro e dispettoso permette al suo manager di realizzare che gli affari potrebbero essere condotti in modo molto più efficiente senza quell’impiegato/di lui???. Per questa ragione, non è l’ego a desiderare il riposo profondo, nel quale esso è assente. L’invito viene dall’assoluto.

Se accogliamo i nostri pensieri e le sensazioni del corpo durante la transizione fra lo stato di veglia e lo stato di sonno profondo, si ha, spontaneamente, una purificazione. Le nostre preoccupazioni abbandonano la mente, una ad una e le tracce delle lotte del giorno che sta per finire lasciano il corpo, una ad una, fino a quando l’intera struttura corpo-mente diventa una singola pienezza di luce, consapevolezza e presenza senza tempo.

Ciò può essere chiamato ”entrare nel sonno profondo, consapevolmente”. La chiave è fare questa meditazione di accoglimento ogni sera prima di addormentarsi. Durante questi momenti tu lasci che ogni cosa che non sei tu se ne vada, così da poter entrare nel santuario della notte con la nudità, umiltà ed innocenza di un bambino appena nato.

“ETERNITA’ ORA”– Cap. 2

Index