Caro Francis, poiché non c’è un’entità individuale sia per lo jnani (il saggio n.d.t.) che per l’ajnani (l’ignorante n.d.t.), allora, al momento della morte, non sono, alla fine, liberati entrambi? Quindi perché, nell’advaita tradizionale, di colui che è “liberato in questa vita” si dice che “non avrà più nascita” se in ogni caso l’individuo non esiste? Se la morte è la fine e non c’è un individuo che si reincarni, non si potrebbe semplicemente commettere suicidio? Non solo, anche in quel caso, cosa impedisce la nuova esperienza di un altro “me” (non questo naturalmente), un individuo del tutto nuovo che cominci tutto da capo (come ha fatto questo) con una vita di sofferenza e d’ignoranza? Dalla mia prospettiva limitata ciò sembra un enigma che lascia perplessi. Puoi aiutarmi Francis?
Caro Roger,
Hai posto molte domande:
Stai ponendo una domanda ipotetica, oppure il fatto che non esiste un’entità individuale è una tua esperienza? Se parli per esperienza, perché fare una domanda che riguarda un’entità personale illusoria: l’ajnani? Se non credi in Babbo Natale, perché chiedere qual è il colore del suo cappotto? Tu credi nella reincarnazione? E’ veramente questa la tua domanda o stai semplicemente cercando di verificare che l’advaita sia una teoria coerente, con lo scopo di rassicurare te stesso che stai usando la teoria corretta per cercare la Verità? L’Advaita non è una teoria coerente poiché non è una teoria, ma la realtà della tua esperienza e la realtà di tutto ciò che viene sperimentato. L’insegnamento dell’Advaita non deve essere coerente ma piuttosto puntare coerentemente a quella realtà, partendo dalla posizione occupata dal discepolo. Poiché cercatori diversi cercano la verità da diversi punti di vista, gli indicatori forniti dall’insegnante possono sembrare incoerenti uno rispetto all’altro. Dobbiamo concludere che la tua domanda non trae origine dall’esperienza secondo cui non ci sono entità individuali.
Infatti, c’è un’entità individuale reale solo per lo jnani. C’è soltanto uno Jnani, soltanto un Saggio, un individuo. Non ci sono ajnani che hanno bisogno di essere liberati. Questa è la risposta che può essere data da un livello assoluto, il livello per il quale non esistono entità individuali.
Se qualcuno che crede di essere una coscienza separata e limitata, cerca la liberazione dal suo fardello facendo una domanda come la tua ad un insegnante, l’insegnante adatterà la sua risposta al livello da cui origina la domanda. Spesso lo studente non è in grado di afferrare direttamente la verità di una risposta data dal livello assoluto. In quel caso l’insegnante darà una risposta che provvisoriamente ammetterà la credenza nell’esistenza di entità separate: ajnani e jnani, in questo caso. Nella cultura Hindu, il guru Vedantico, ammetterà molto spesso, nella sua risposta, la credenza nella reincarnazione. Essa sostiene che la mente individuale sopravvive alla morte del corpo fisico e si reincarna in un corpo nuovo. Da questa prospettiva segue, al livello relativo, che se la mente, al momento della morte, mantiene ancora la credenza in un’entità separata, la stessa mente, reincarnandosi in un corpo nuovo, manterrà la stessa credenza e l’ignoranza rinascerà in questo nuovo corpo. Tuttavia, nel caso dello Jnani, la credenza in un’esistenza separata è stata dissolta durante la vita del corpo. Lo Jnani non è più un’entità mente-corpo ma Consapevolezza universale ed eterna per la quale non c’è morte o rinascita.
Per lo jnani, solo la coscienza è reale. Tutto il resto, incluso il passato o le esistenze future, è soltanto un sogno che celebra questa realtà. Dalla prospettiva advaita, la reincarnazione può essere solo un’illusione, dal momento che la stessa entità limitata che si reincarna è un’illusione. Tuttavia, poiché la nostra natura è potenzialità infinita, la reincarnazione è una delle sue possibilità fenomeniche, una possibilità che può realizzarsi tutte le volte che essa sceglie di farlo.
Colui che è liberato sa di non essere mai nato e sa che non morirà mai, quindi non ha bisogno che gli si dica che non avrà più nascite. Tuttavia, di colui che permane ancora nell’ignoranza, attaccato alla credenza di essere una mente separata, con il peso d’infinite sofferenze attraverso esistenze innumerevoli, si dice, in oriente, che abbia la possibilità di metter fine a questo ciclo di morti e rinascite come incentivo per cercare la liberazione. Allo stesso modo, nella cultura occidentale, ad un materialista che crede che la mente non sopravviva al corpo, si può dire che questo breve lasso di vita sia la sola opportunità che ha di realizzare la verità, come incentivo a non posporre la ricerca spirituale.
Il corpo fisico non è la causa dell’ignoranza. La sua sparizione, quindi, non implica la sparizione dell’ignoranza. Ne consegue che il suicidio non è uno strumento valido per l’illuminazione. Inoltre non c’è un’entità personale che commette il suicidio. Se un suicidio accade, questa, come l’ignoranza, è una scelta fatta dal Sé.
“Ciò che non è non inizia mai ad essere e ciò che è non cessa mai di esistere” (Baghavad Gita).
Esperienze, fenomeni, corpi, eventi sembrano andare e venire ma non hanno un’esistenza reale. Un nuovo individuo reale non può cominciare ad esistere e ciò che è veramente vivo, proprio ora, non morirà mai.
Con amore,
Francis
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